incisore
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Santo Stefano, le pietre
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Santo Stefano era
un giovane ebreo greco, (il suo nome significa “coronato”), che aderì alla
prima comunità cristiana formatasi a Gerusalemme. Aveva
una profonda conoscenza delle Sacre Scritture e divenne anche il primo dei
diaconi, scelti dagli Apostoli perché li
aiutassero nel ministero della fede, provvedendo ai bisogni delle
persone povere, degli orfani e delle vedove. Nella prima metà del I
secolo, i Cristiani erano solo una delle tante sette che popolavano il
mondo ebraico e Stefano ne faceva parte anche come attivo predicatore, che tentava di convertire gli
ebrei che arrivavano nella città. Per questo fu arrestato e condotto al
giudizio del Sinedrio, la massima istituzione ebraica, dove si difese appassionatamente e non ritrattò
le sue convinzioni religiose. Fu condannato a morte nel 35 d.C., trascinato
fuori dalle mura della città e lapidato, come stabiliva la Legge Mosaica per i
blasfemi. Morente sotto i colpi degli
aguzzini, membri della sua stessa comunità d’origine, affida la propria vita a Dio e come Cristo, chiede
a Lui di perdonare i suoi carnefici.
Nella tradizionale iconografia Stefano
Protomartire, il primo martire della Cristianità , indossa la dalmatica, la veste liturgica dei diaconi, ma il suo attributo principale sono le pietre della lapidazione, che a volte
porta in testa o sulle spalle (Giotto e Crivelli). Nell’incisione lo troviamo esanime
nella rigidità della morte, come fosse della stessa sostanza degli strumenti del suo supplizio, quelle
pietre che vorrebbero ricordare tutti i Martiri che, dopo di lui, lo seguiranno nell’estremo sacrificio e che costituiranno
le pietre su cui sarà costruita la Chiesa. La sua mano ne stringe ancora una, come se
anche lui stesso avesse partecipato al proprio martirio e testimonia, nel comtempo, quel perdono che chiese a Dio per i suoi
uccisori, poco prima di spirare. |
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